sabato 31 gennaio 2009

Simona la rossa

Dichiarazione resa dal sottoscritto al giudice per le indagini preliminari sul caso: "Ma che gli faccio io alle donne?"

Trovavomi seconda metà di luglio 2002 con i commilitoni su mezzo Fiat Scudo in località Materdomini (frazione di Caposele, provincia di Avellino) approssimativamente tra le ore 1500Z e le 1600Z, in largo parcheggio o piazza, antistante santuario San Gerardo Maiella.

Discesi tutti dal mezzo e rotte le righe onde effettuare giro turistico, avvicinanosi tre giovani - due uomini e una donna - con abbigliamento suggerente appartenenza a qualche centro sociale, domandanti contributo economico per imprecisate iniziative culturali-politiche di tale centro.

Mentre il sottoscritto ancora ciondolava svaccato ma ugualmente vigile nei pressi del mezzo, imprecisato commilitone carottese - subito imitato da altri - suggerisce ai giovani questuanti di avvicinare il sottoscritto onde ottenere ricca e generosa mancia. La fretta di espletare tale atto di perfidia tradisce però la tattica escogitata: solo l'unità femminile del nemico cade nel tranello, appropinquandosi lestamente al sottoscritto, mentre il grosso delle forze avversarie manteneva strenuamente la posizione domandando con insistenza cospicue risorse finanziarie al gruppo riunito colà.

Avendo intravisto la "mala parata", il sottoscritto si pone senza indugio in stato di allerta ed opta per una ritirata strategica nell'intento di cedere terreno al fine di guadagnare tempo, scegliendo di percorrere rapidamente una lunga traiettoria semicircolare nel vasto piazzale allo scopo di riportare l'aggressore - ovvero l'unità femminile questuante - nei paraggi della più munita e agguerrita schiera dei commilitoni, dislocati in area relativamente ridotta, onde ottenere rinforzi e contemporaneamente distrarre il nemico.

Ma nonostante la ragguardevole esperienza in fatto di fughe il sottoscritto non riesce a seminare l'unità nemica nel tempo prefissato, trovandosela di fronte proprio al momento in cui era stata raggiunta l'area testé citata, dovendo perciò affrontare il combattimento, difendendosi altresì con grande efficacia dall'insistentemente reiterata richiesta finanziaria. Trascrizione del colloquio:

- Ciao, mi chiamo Simona, raccogliamo fondi per una causa importante, vorresti contrib...
- No.
- Dai, noi chiediamo soltanto un piccolo contributo per la nos...
- No.
- Suvvia, il biglietto per la festa costa solo cinque eur...
- No.
- Dai, facciamo quello scontato, solo tre eu...
- No.
- Almeno due eur...
- No.
- Un eu...
- No.

Suddetta Simona, riconoscibile dai capelli rossi corti e dai jeans amplissimi con cavallo dei pantaloni all'altezza delle ginocchia, non dismette il largo sorriso d'ordinanza ed imperterrita prosegue nello sbarrarmi la strada, a distanza vieppiù ravvicinata, sotto lo sguardo attonito dei commilitoni che per ragioni ignote al sottoscritto non intervenivano a placare il muliebre assalto.

Sorprendentemente il resto delle forze nemiche segnala la ritirata: il sottoscritto ne approfitta per creare un sagace diversivo lanciandosi nuovamente in fuga in direzione opposta ma la Simona riprende l'inseguimento incurante degli ordini ricevuti dal suo comando. Il comandante nemico ordina nuovamente e in modo perentorio la ritirata, e finalmente l'inseguitrice si arresta; anche il sottoscritto termina la fuga, allo scopo di conservare le forze per una eventuale ulteriore manovra diversiva. La Simona si congeda dal sottoscritto con un "dai, quando ci rivediamo?" di natura eminentemente più frivola dell'assalto finanziario poc'anzi descritto.

Al rientro nei ranghi, il sottoscritto candidamente esclama: "eh, ma che gli faccio io alle donne?", provocando un terribile travaso di bile ai commilitoni. Uno di loro osa replicare in maniera scomposta, ma il sottoscritto insiste nel suo candore: "è destino che le donne mi corrano sempre dietro!" procurando ai commilitoni una strizza di fegato mai vista. 

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