sabato 20 settembre 2008

Gli hanno rubato la password della posta elettronica

Ad un certo tizio hanno rubato la password della posta elettronica e minacciano di pubblicare il contenuto di tutta la sua e-mail...



Pare che un gruppo di individui, alcuni per motivi politici, altri per portare a termine qualche vendetta personale, si diverta a entrare dentro sistemi informatici privati.

Minacciano poi di pubblicare la corrispondenza privata di cui si sono impossessati, a scopo di ricatto.

Non intendo entrare nei dettagli, né - dopo questi due post - ritornare sull'argomento. La vita è breve, e ci sono cose più belle, o comunque più importanti, di cui occuparsi.

Ma colgo l'occasione per fare alcune riflessioni generali su questo tipo di vicenda; e per rivolgere un invito importante ai lettori di questo blog.

Primo, la riflessione generale.

Anche se si accettano simili ricatti, il materiale resterà nelle mani dei ricattatori i quali, data la loro vacillante etica, difficilmente esiteranno a riutilizzarlo.

Quindi, a parte ogni considerazione di dignità personale, il buon senso vuole che non si ceda.

L'efficacia di questa forma di assalto alla diligenza postale non dipende dalla gravità effettiva delle informazioni raccolte. Anche la più innocua comunicazione personale, se inserita astutamente in un certo contesto, può essere usata per gettare sospetto o almeno ridicolo sulle persone, o per seminare zizzania.

Il linguaggio scherzoso, telegrafico, frammentario e confidenziale delle comunicazioni private in rete, dove si schiaccia il tasto Send prima di riflettere (e di inserire il correttore ortografico), e il fatto che si comunica con decine e decine di persone al giorno, di tutte le provenienze, significa che praticamente ogni cosa che scriviamo può tornare utile ad aspiranti ricattatori.

Un esempio, per capirci.

Se Remo, romano de Roma, apostrofa in privato l'amico Romolo, "vecchio frocione!" - orrendo saluto in vigore nella metropoli fin dai tempi del console Flaminio - la frase può essere usata fuori contesto per dimostrare:

(a) che Remo è omofobo; o viceversa

(b) che Remo ha una relazione omosessuale con Romolo; oppure

(c) con opportuno editing - facilissimo con testi elettronici - si può aggirare il dettaglio che è Remo che si rivolge a Romolo, e far sembrare che sia invece Remo che sparla di Romolo alle sue spalle. Portando così tutti gli amici di Romolo a schierarsi contro Remo. Infine,

(d) il fatto che Remo - che è cugino di quarto grado di un massone - comunichi con Romolo - che lavora al ministero del tesoro - può essere usato per insinuare, meglio senza nemmeno dirlo esplicitamente, che i massoni stiano cercando di impossessarsi della finanza pubblica, sfruttando tutta la potenza della lobby gay.

Nel migliore dei casi, Remo resterà nella memoria di Internet come uno che adopera espressioni imbecilli. Cosa verissima, solo che praticamente tutti, in privato, diciamo qualcosa di imbecille prima o poi.

Notate che mentre Remo cerca disperatamente di giustificarsi davanti a omosessuali, omofobi, amici di Romolo, complottisti e sghignazzatori, nessuno se la prende con chi ha commesso in primo luogo il reato di distrazione di corrispondenza privata.

Mi sembra evidente, quindi, che Remo non deve giustificarsi di niente, ma ricorrere alla magistratura: che non è un'entità sacrosanta, ma almeno in questo caso gli darebbe sicuramente ragione.

Quando mi scrivete in privato, fatelo tenendo presente che forse state scrivendo per il mondo intero.

Non dite parolacce.

Non scrivete che vorreste vedere l'ambasciatore degli Stati Uniti impiccato al palo della luce, soprattutto se lo desiderate davvero.

Non mi venite a raccontare di chi vi siete innamorati.

Non vi sfogate a proposito di simpatie o antipatie personali.

E soprattutto, curate l'ortografia.

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