Abito color crema, velo bianco, scarpette da ginnastica, faccia sveglia, voce squillante, zainetto tecnologico con lettore MP3, telefonino hi-tech, fotocamera ultrazoom, navigatore GPS. L'orologio da polso sembrava uscito dal Dash: niente tecnologia superflua.
Una suora col GPS non l'avevo mai vista. Non lo ha tirato fuori, ma io ho l'occhio clinico, e quando ha rovistato nello zainetto ho visto per un attimo l'inconfondibile forma squadrata e la scritta "mio" (ricordavo di averlo visto sul catalogo Misco, il Mio Moov è di produzione belga). Dunque a Salerno lei prevede di usare l'auto. Dunque non conosce bene Salerno, se ha bisogno del navigatore.
Veniva col treno da Foggia. Ci siamo fermati sotto il tabellone a LED di Napoli centrale, a studiare lungamente come scendere verso Salerno senza aspettare il treno delle 11:18. Niente da fare, serve proprio il mefitico treno delle 11:18. Più di un'ora di attesa sul secondo binario della stazione FS di piazza Garibaldi, in fondo, cercando inutilmente qualche panchina che fino a non molti giorni fa c'era ancora. Nella tarda mattinata i treni sono rari.
All'ultimo minuto veniamo avvisati che il treno cambia binario: partirà dal primo anziché dal secondo. Scattiamo come centometristi in pensione. Finalmente saliamo a bordo: lei sale per prima, entra nel secondo vagone, fa per passare al terzo ma si ferma e torna indietro: aveva capito anche lei che lì non c'era l'aria condizionata.
Due signore sedute accanto a noi. Quella accanto a lei continuava a fare telefonate in polacco stretto (o ucraino stretto, chissà). Quella accanto a me pregava un fiume di devozioni con un librettino di quattro per cinque centimetri, facendosi di tanto in tanto un segno di croce minuscolo e veloce, quasi impercettibile, come se se ne vergognasse. Mi sono chiesto più volte se stesse pregando solo perché aveva visto la giovane suora, o se lo facesse per abitudine durante ogni viaggio.
Per qualche minuto la suora ha anche ascoltato musica (maneggiando con dimestichezza il lettorino MP3 di marca tecnologica). Non le ho chiesto cosa ascoltasse, ero terrorizzato dall'idea che mi facesse ascoltare anche solo pochi secondi di canzonette di chiesa... e ancor più terrorizzato che mi facesse sentire qualche pezzo di classica che non avrei riconosciuto subito (ascolto quasi esclusivamente Schubert, Mozart e un po' di Beethoven)... e ancor più terrorizzato dall'idea che mi facesse ascoltare qualche istante di musica italiana, quelle patetiche canzonette mielose per sognatori depressi, roba che mi fa venir voglia di menare calci in faccia a chi le ha scritte e a chi le canta.
Prima di scendere a Torre Annunziata le ho stretto la mano per salutarla, non senza ammirazione. Una suora senza baffi. Non brutta. Non vecchia. Non isterica. Non disprezzante la tecnologia. Vestita da suora ma non da manichino di suora. C'è da ammirarla. Vuol dire che le suore non sono proprio come le dipingono quelli che le odiano.
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