giovedì 4 aprile 2019

Venticinque anni fa

Era una soleggiata mattina di inizio aprile 1994 quando nel corridoio di fronte all'aula D19 (quella accanto alla C38) mi presentai con una distribuzione Linux contenuta su dieci dischetti, il cui download lo avevo commissionato a un amico che si vantava di non avere problemi di bolletta con le interurbane. Annunciai epicamente: "Ehi, gente! uno Unix gratuito! funziona anche con soli due mega di RAM!". Successone.

Stando ad un'intervista di Linus di poche settimane prima, si stimavano nel mondo 50.000 utenti di Linux (su 80.000 lettori del newsgroup comp.os.linux). Linus menziona CD-ROM di installazione ma si riferisce ai generici Walnut Creek CDROM che erano una collezione periodica di free software. La prima release della Slackware era datata luglio 1993 e prevedeva 24 dischetti 3.5" da 1.44 Mb, di cui quei primi 10 necessari a completare l'installazione.

La prima installazione la feci sul mio fido '386 in una partizione di 52 megabytes liberati dalla partizione DOS con sanguinosi tagli, allocando files fittizi per non cambiare la FAT e ricostruendo manualmente la tabella delle partizioni. 4 Mb RAM erano sufficienti a Linux per lavorare egregiamente da command-line, assai più scattante dei terminali seriali Unix VT52 e VT220 che avevamo in laboratorio.

Il 2 agosto 1994 rimediai gran parte di una versione intermedia di quaranta dischetti (l'intero contenuto dell'area ftp di non ricordo quale università, che aveva fatto il mirror di tutto ciò che riguardava Linux); la seconda versione della Slackware sarebbe uscita nell'ottobre successivo (composta da 73 dischetti). In qualità di studentello non raccomandato non avevo accesso al sancta sanctorum, che era uno sgabuzzino noto a pochissimi eletti in cui vi era un PC MS/DOS con accesso internet senza restrizioni.

Fui beccato per puro caso dopo quasi trenta dischetti da uno dei più furiosi docenti che in mezzo secondo urlò tanto da far tremare i pavimenti. In sintesi, mi disse: sei qui dentro su un PC di cui la password la conosco solo io, dopo aver aperto una porta che richiede un badge magnetico e un pin che conosciamo solo in tre, in un laboratorio in cui solo docenti e ricercatori possono entrare col badge... e per giunta con quaranta dischettiiii e di due agostoooo! fuori di quiiii! Altrimentiiii!

Non ci furono conseguenze. Chissà, magari perché non era comodo scoprire troppi altarini. Però, fossi stato in lui, avrei premiato il giovane hacker per l'epic feat sia di informatica sia di social engineering (e ne avrei cantate quattro ai raccomandati dalla lingua lunga). E avrei magari chiesto con curiosità perché mai c'era bisogno di Linux snobbando i sacri mostri imperanti negli altri laboratori (Sun, VAX, Unix e compagnia cantante, fino a Minix, OS/2, MS/DOS e Windows 3.1), scoprendo con sgomento che se di un sistema operativo gratuito sono disponibili i sorgenti gratuiti senza pastoie legali, il discorso si fa irresistibilmente accattivante (infatti appena due anni dopo scrissi la mia prima estensione del kernel Linux, un driver per uno scanner).

Allargai dunque la partizione Linux a 80 megabytes. Uno dei miei primi software, in C++, fu WME for Linux, software di BBS a finestre che avevo riscritto quasi uguale alla versione per MS/DOS sviluppata da un benzinaio americano. Potendo pilotare direttamente la memoria video (/dev/vcsa) e lasciando al magico mgetty+sendfax tutta la gestione modem/fax (e al kernel il buffering e tutto il resto), a parità di hardware la mia versione Linux andava a velocità supersonica.

Mi iscrissi anche al database (oggi defunto) linuxcounter, utente numero #75596.

Ci vollero diversi anni prima che Linux approdasse in uno dei laboratori del dipartimento di informatica e applicazioni. I docenti erano incredibilmente restii a prendere in considerazione "uno Unix gratuito", e una discreta montagnella di macchine 386 e 486 era lì a prender polvere o a lavorare con Windows 3.1 (c'era gente che nel 1997 ancora si laureava in informatica con centodieci e lode e una tesi scritta carta e penna senza aver mai messo realmente le mani su un computer).

Dopo un backup disastrosamente fallito, dedicai a Linux il mio intero hard disk ESDI da 360 mega. Quattro mega di RAM erano sufficienti a lanciare l'ambiente grafico X11, che però era una ciofeca mostruosa quanto a velocità, bellezza, e applicazioni. Per cui anche quando spesi trecentomila lire per espandere la '386 a otto megabyte preferii continuare a lavorare in command-line e modalità testuale ancora per parecchio tempo. L'emulatore dosemu, sebbene incompleto, bastò per completare il passaggio indolore e dimenticare il dual boot MS/DOS + Linux.

Continuai ad usare quella distribuzione con kernel Linux 1.0 fresco rilasciato, aggiornandola manualmente ogni tanto, scaricando e ricompilando qualche sorgente (epico il momento in cui ricompilai il kernel Linux 1.2 e lo misi come default al boot), ma fu solo nella tarda primavera 1997 che sentii il bisogno di "aggiornare tutto Linux", comprando questo megapaccone della Walnut Creek di sei CD-ROM (al modico prezzo di sessantamila lire: i primi e ultimi soldi che io abbia mai speso per Linux da allora ad oggi) di cui il primo conteneva la Slackware 1996, basata sul kernel Linux 2.0 (all'epoca c'erano già Wine, il kernel Linux 2.1, il progetto mklinux per i PowerMac, la Debian 1.2, il raytracer POVray 3.0...).


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