C'è spesso (diciamo ogni 2-3 anni) quel fastidiosissimo momento in cui devi contrattare lo stipendio (quando fai un colloquio per un nuovo posto di lavoro oppure quando vai dal capo a dirgli che sarebbe finalmente ora di concederti un aumento).
Chi lavora nel settore privato
purtroppo si ritrova a dover contrattare perché nessuno ti darà
spontaneamente un aumento (non lo davano nemmeno negli anni '80 quando c'era il boom ed ancora era lontana la crisi). Se oggi accetti lo stipendio X e hai la fortuna di restare dieci anni in azienda ma senza mai contrattare, fra dieci anni avrai ancora lo stipendio X più (forse) alcune misere briciole. (E no, le cialde gratis per il caffè nella sala ristoro non valgono come "aumento", e quando devi pagare l'assicurazione o il medico non puoi mica usare quei buoni pasto, etc.)
- 1) Prima lezione: avere almeno un piano B.
Contrattare significa anzitutto poter dire di no ad un'imposizione, ad un'offerta che non ritieni vantaggiosa o ad un cambiamento sfavorevole. Quando non hai alternative (per esempio se hai un mutuo da pagare o una famiglia da mantenere o risparmi che ti consentirebbero di sopravvivere per pochi mesi al massimo)
sei praticamente uno schiavo che deve accettare quello che gli danno (e raschiare pazientemente il fondo del barile) altrimenti va a mare con tutti i panni.
"Lavorare in azienda" significa che c'è una
convenienza reciproca, fra te e l'azienda. Se l'azienda non ti considera
conveniente, sei nei guai. Se viene meno la
tua convenienza, sei fregato. In entrambi i casi rimpiangerai di non avere un piano B, un piano C, un piano D...
La contrattazione non avviene solo in quel fatidico colloquio in cui
vai a chiedere. Quel colloquio è solo la parte finale della contrattazione. Quel colloquio viene preparato da altre circostanze specifiche: una di queste è il "come l'azienda ti vede".
Diciamo che l'azienda ti considera valido per la mansione X (e non per la Y) e che la politica aziendale è di retribuire X con la fascia stipendi che va da 15 a 17 (mentre magari l'usciere e la segretaria
già prendono più di 20). Se tu pensi di valere più di 17 sei fregato, perché è improbabile riuscire a convincere l'azienda che tu vali di più di quanto loro sono disposti a pagarti, o che la mansione X andrebbe pagata meglio, oppure che saresti adatto anche alla mansione Y...
Tutta l'attuale burocrazia di curriculum, linkedin, colloqui tecnici, non serve a niente, perché se c'è una cosa che manca alle aziende italiane è proprio la mentalità del pagare adeguatamente la qualità. Non vogliono pagarla anzitutto perché non riescono a vederla. Non riescono a vederla perché hanno fretta, oppure hanno tempo da perdere, oppure hanno da seguire l'indiscutibile
consiglio del manager.
E tu che magari avevi scritto il curriculum in modo da dimostrare che
i problemi li sai affrontare anziché un inutile elenco di date, sigle e paroloni alla moda.
- 4) "Sei solo un centro di costo".
Da qualche anno il posto fisso non è più fisso. Perciò non possono pretendere di darti lo stesso stipendio (o addirittura inferiore) di chi è stato assunto con la vecchia normativa. Il posto
"fisso solo a parole" va pagato di più perché
sei un dipendente di cui ci si può più facilmente liberare. (Alle
Grosse Aziende nostrane piacevano i consulenti esterni perché pur costando il doppio potevano sbarazzarsene quando volevano e senza strascichi).
Se non possono permetterselo (cioè se dicono di avere
problemi di budget oppure che le tue richieste sarebbero
fuori mercato, che sono due modi per dire la stessa cosa), devi poter dire di no senza conseguenze. Quel "no" è la contrattazione migliore. In ogni caso, se hanno deciso che vali da 15 a 17, di primo acchito non ti offriranno mai 17. E nemmeno 16. E forse neppure 15. Per la loro amministrazione sei un
centro di costo, non un investimento.
- 5) "La cultura dei sottintesi".
Tutto ciò che non viene messo ufficialmente nero su bianco è come se non esistesse, perché trovi sempre qualcuno che sa
"interpretare" meglio di te i sottintesi. Che non sono mai a svantaggio dell'azienda.
Quando
promettono che la paga ora è X ma
in futuro aumenterà, bisogna
immediatamente rispondere: "allora ne riparleremo in
quel futuro". Sono
tutti bravi a fare promesse, e sono tutti ancora più bravi a
procrastinare (se non addirittura
dimenticare) quell'
eventuale mantenimento delle promesse. Spiacente, ragazzi: con le promesse e coi sottintesi non si riesce a pagare il mutuo. Del resto le aziende non fanno beneficenza, perché dovrei fare io beneficenza all'azienda?
- 6) "Virtualmente già falliti".
Il settore privato è in crisi perché una grande quantità di aziende è virtualmente già fallita: basta un piccolo problema (per esempio un intoppo fiscale, o una multa, o un grosso cliente che decide di ritardare di qualche mese un pagamento) e l'azienda non riesce nemmeno a pagare gli stipendi.
Virtualmente già fallita.
Restare in un'azienda
virtualmente già fallita è un suicidio al rallentatore. Ma c'è un vero popolo di disperati che sta commettendo tale suicidio perché
non ha punti d'appoggio su cui contrattare. Non è che il lavoro manca. Manca anzitutto il lavoro
onestamente retribuito.
- 7) "Il mercato degli schiavi".
L'esistenza di un popolo di schiavi
che non può contrattare perché non ha alternative trasforma naturalmente l'offerta di lavoro in speculazione. Come al mercato delle vacche. Vogliono il massimo, pagano il minimo: non sei d'accordo? Avanti un altro. Non sei disposto a fare frequentemente straordinari? Avanti un altro (e prova tu a spiegarglielo che se l'azienda ha bisogno di straordinari significa che il lavoro è organizzato male,
e che se non può neppure pagarli significa che è virtualmente già fallita).
Ci sarà sempre uno schiavo più disperato di te disposto a farsi mettere i piedi in testa. Se è bravo almeno quanto te, peggio per lui. Se è meno bravo di te, peggio per l'azienda. Una volta che ti sei fatto schiavo, non ti liberi più dal cappio al collo.
- 8) "Non sanno cosa vogliono, ma lo vogliono subito e con lo sconto".
Sarebbe il caso di stare alla larga da chi non ha le idee chiare, ma si può contrattare anche su questo. "Pago la mia ignoranza", ha detto uno che ha chiamato l'idraulico perché non sapeva sturare da solo il proprio lavandino. Perciò l'imprenditore e l'azienda possono
(e devono) pagare la loro confusione. Non è che ti firmo un contratto per la mansione X e dopo quando capisci che ti serve XY pretendi di aggiungere Y senza pagarmelo. Se sbagli un ordinativo paghi una penale al fornitore. Se sbagli una valutazione su un dipendente, non puoi pretendere che l'errore lo paghi il dipendente.
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