Questo amico ha lavorato nel settore informatico per più di trent'anni, evolvendosi da computer operations a system administrator fino a DevOps man mano che il campo maturava. Quando gli capitava la possibilità di far carriera nel management lasciava perdere, concentrandosi piuttosto sull'acquisire altre skill tecniche. Insomma, è come se avesse messo le mani su qualsiasi cosa dall'introduzione delle workstation fino ai cloud.
E questo potrebbe essere il motivo per cui oggi nessuno vuole assumerlo. Mi dice: "Vado a fare colloqui e mi vedo davanti dei manager di quindici o vent'anni più giovani di me. E conosco molte cose più di loro, ho visto molto più di loro, fatto molto di più... e penso che questo li spaventi".
Non aveva mai immaginato di ritrovarsi, poco dopo i suoi cinquant'anni, a chiedersi cosa ne sarebbe stato del mondo dell'informatica.
Anche se quel mondo ama spacciarsi come un concentrato di competenze di giovani pimpanti, molte delle sue esigenze hanno origini in tecnologie vecchie di almeno qualche decennio. Unix ha superato da poco i quarant'anni, il Web esiste da più di un quarto di secolo, e perfino gli Amazon Web Services vanno avanti ormai da quasi dieci anni.
Ora che l'informatica ha una sua storia dietro di sé, il vero valore sta in quelle persone che hanno contribuito a scriverla e che hanno imparato da essa. Vien fuori uno strano bug da qualche arcano tool degli ambienti Unix? È possibile che un vecchio professionista dell'informatica ne sappia già qualcosa, e sappia già come aggirarlo.
Nei primi anni '80 un lavoro in un dipartimento di informatica poteva tranquillamente durare un decennio e più. Gli informatici potevano passare da azienda ad azienda (come ho fatto io stesso) ma il personale delle operazioni backbone rimaneva lì, anno dopo anno, a garantire consistenza. Col risultato che le aziende potevano affrontare l'introduzione di nuovi servizi o dei tremendi cambiamenti tecnologici con minime interruzioni del servizio. Ed era quello staff di supporto che teneva insieme tutti i pezzi (spesso addirittura senza automatizzare nulla).
Oggi un'azienda può fare outsourcing del proprio dipartimento informatico delegandolo a qualche gigante indiano o filippino, se non addirittura usare servizi come Freelancer.com (e i suoi numerosi cloni) per "comprare talenti" sul mercato, frazionandoli a ore. È tutto più economico e flessibile, ma non c'è più la profondità di esperienza che proveniva da un lungo periodo di lavoro in un'azienda.
Insomma, il vero costo nascosto della tanto decantata "flessibilità" è la minor resilienza, cioè la minor capacità di affrontare problemi. I sistemi complessi diventano fragili laddove il talento che li ha messi in piedi è stato "tagliato" per ridurre i costi. Col risultato, specialmente in Italia in questi ultimi dieci-quindici anni, di grosse aziende che dopo aver "tagliato i costi" (cioè dopo essersi liberate del proprio personale competente, tenendosi in pancia solo gli aristocratici nullafacenti) non solo non crescono più tecnologicamente, ma fanno sempre più fatica a mantenere in piedi l'esistente.
È vero che un sysadmin arrabbiato poteva mettere in ginocchio la propria azienda. Ma è anche vero che un sysadmin con esperienza poteva salvarla da un disastro. Non è indispensabile affidarsi tutti i giorni a un tale talento, ma è bene averlo sempre in azienda, perché non sai mai quando ti diventerà necessario. L'esperienza è in fin dei conti la migliore assicurazione. Per formare un tecnico con cinque anni di esperienza sulla tua infrastruttura (che è diversa da quella dei tuoi concorrenti e dei tuoi simili), ti servono cinque anni: non c'è scampo.
Se nel mondo dell'informatica si comincia a ignorare la necessità di quelle esperienze, finirà che troveranno un altro modo di rientrare. Ho notato che il mio amico sopra citato ha cominciato a proporsi on-line trovando lì clienti che avessero bisogno della sua expertise. Ma sospetto che sotto sotto ci sia un movimento assai più vasto che potrebbe cambiare l'intero scenario.
Per mezzo secolo il mondo dell'informatica ha spazzato via posti di lavoro. Le legioni di impiegati e segretarie responsabili del mantenimento delle aziende si sono ridotte passando dalle macchine da scrivere ai computer, mentre il settore dei servizi - dal commerciale al finanziario, con tutto ciò che c'è nel mezzo - si è adeguato ai processi creati dai business analysts e dai programmatori e sysadmins.
Oggi quel serpente ha cominciato a mordersi la coda.
A gennaio abbiamo avuto un breve assaggio del futuro dell'informatica quando l'azienda canadese ROSS ha lanciato il suo omonimo prodotto basato su Watson, il "computer cognitivo" con tecnologia vagamente di intelligenza artificiale, e con una vasta libreria legale. ROSS analizza tutti i testi legali, li "capisce" in qualche modo, e offre suggerimenti e consigli su questioni legali.
Questo è già interessante: ma cosa succede se qualcuno ha la pazza idea di dare in pasto a Watson intere "biblioteche" informatiche (dai libri ai contenuti dei social network) come Stack Overflow, O’Reilly, Slashdot, Google Groups, GitHub e tutto il resto dei siti web che noi informatici utilizziamo come risorse per lavorare?
Negli scorsi anni abbiamo usato le tecnologie cloud per non dover più avere a che fare con servers fisici e centri di elaborazione dati. Quando il "Watson informatico" diventerà disponibile on-line (e io scommetto che succederà già durante quest'anno), istantaneamente automatizzerà una enorme parte del lavoro umano degli informatici che non sia stato già spazzato via dall'outsourcing. Cinquant'anni dopo aver reso inutili gran parte di impiegati e segretarie, l'informatica renderà inutile gran parte dei suoi lavoratori.
Qualcuno magari dirà che è la prevedibile eterogenesi dei fini.
Per fortuna l'informatica crea anche posti di lavoro. Certi business inconcepibili fino a pochi anni fa oggi prendono piede perché l'informatica ha permeato la nostra vita quotidiana. Quel mio amico ora cerca lavoro non presso un centro elaborazione dati, ma in qualche startup basata su ciò che essa stessa ha creato.
(mia traduzione annotata di
un articolo di Mark Pesce)
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