sabato 23 agosto 2014

I grulli nell'era dell'High Tech

La settimana scorsa la Samsung ha acquisito per 200 milioni di dollari la startup SmartThings, che era nata con un crowdsourcing Kickstarter raccogliendo circa 1,2 milioni di dollari da sostenitori volontari. Secondo logica, chi si accolla il rischio (cioè nel nostro caso i sostenitori volontari) dovrebbe poi essere premiato in caso di successo. Ma gli investitori privati (backers) del crowdsourcing non vedranno nemmeno un centesimo del mega-affare fatto dalla SmartThings: il merito "morale" viene dato addirittura a Kickstarter...
Risultato finale: bidonata pazzesca.

Oculus Rift (un'esclusiva Facebook):
meno male che non gli ho dato soldi
Un altro caso è quello di Oculus Rift: promettente gioiello per la realtà virtuale in sviluppo da uno squadrone di esperti (tra cui il Carmack che diede vita a Doom e Doom II). L'Oculus Rift è stato lanciato col crowdfunding via Kickstarter: ad un certo punto arriva Facebook e compra il progetto per due miliardi di dollari, rendendo irrilevante il contributo dei backers: il Rift si farà secondo le voglie di Facebook. Praticamente i backers a loro insaputa hanno "creato valore" per l'azienda Facebook.
Risultato finale: bidonata pazzesca.

Ci sono numerosi altri esempi di crowdfunding di successo (come la Amanda Palmer che pagherà i musicanti volontari solo in birre “abbracci” ma non in moneta sonante) con la stessa storia: gli investitori casalinghi vengono sfruttati e dimenticati.

Praticamente il crowdfunding è diventato un modo
per trasferire alla gente comune il rischio della ricerca e sviluppo.

Anche la tanto vantata Sharing Economy, quando entrano in campo i grossi nomi, può diventare una gigantesca bidonata: si pensi ad esempio ai precari di Uber e AirBnB per le "grandi manovre" in corso (cessioni e acquisizioni). Anche in altri campi si sentono sempre le stesse notizie: chi lavora e crea non viene retribuito (esempio: Spotify verrà quotato in borsa, un giro di miliardi, ma nessuno degli autori che hanno creato contenuti per Spotify vedrà mai un centesimo da quest'operazione; altro esempio: i droni multirotore, su cui hanno investito un oceano di soldi e pazienza tantissimi appassionati di tutto il mondo, per poi veder improvvisamente comparire brevetti e fastidiose normative).

Alla collezione aggiungiamo anche quella ciofeca di Wikipedia, che sta continuamente a chiedere soldi: il popolino bue contribuisce gratis creando e aggiornando pagine e addirittura mandando soldi alla Wikimedia Foundation (che sguazza su un bottino di 50 milioni di dollari), mentre i dipendenti stipendiati della Foundation fanno il bello e il cattivo tempo e si dotano addirittura di superpoteri contro la community dei contributori, vero e proprio "parco buoi".

Praticamente la comunità dei wikipediani è diventata
la schiavitù delle piantagioni della Foundation.

Ora, ci sta anche bene che delle aziende guadagnino sulla scia del lavoro dei volontari (Linux non avrebbe avuto tanto successo e tanto miglioramento se Red Hat e altri non avessero deciso di sfruttarlo per fare soldi).

Quel che non va bene è il credere ciecamente che la sharing economy, il crowdsourcing, l'open source, siano la magica soluzione universale di tutti i problemi.

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